Alessandro Calizza. Carne fresca
10 maggio 2014; Mondo Bizzarro Gallery, Roma
A cura di Caterina Modesti, con testi in catalogo di Valeria Arnaldi e Robertomaria Siena
Magenta, viola, blu… sono i colori di un mondo surreale, un mondo in cui ogni principio della fisica viene eclissato, e che segue leggi proprie, in sé coerenti ma diverse da quelle del “mondo”.
Ed è proprio un mondo altro, forse parallelo al nostro, quello di Alessandro Calizza, artista romano che muove da surrealismo e metafisica ma che parla di attualità. Infatti, per dare voce a valori ancestrali e universali, per vederli con chiarezza, per farli emergere al livello della coscienza, è necessario distaccarsene, trasporli nel mondo del mito e da lì osservarli.
Dopo la partecipazione alla collettiva “Italian pop surrealism” durante il Bizzarro festival 2013, Calizza affronta una personale, “Carne Fresca”, che racchiude le suggestioni più recenti della sua ricerca artistica, sempre ricca di colti riferimenti culturali. Dalla fiaba al mito, dalle simbologie religiose a quelle pagane, la produzione di Calizza ci offre molteplici livelli di lettura; delle sue opere si può compiutamente apprezzare l’equilibrio cromatico, il solido impianto figurativo, oppure si può andare oltre, vagheggiare con la fantasia e farsi trasportare nelle sue allegorie, in remote reminescenze.
Eravamo abituati a SNUB, simpatico alter ego dell’artista, capace di scavare in profondità e di raggiungere i meandri più nascosti dell’Io, quelli difficili da esplorare, spesso angusti, ma sempre caricati in positivo. Ora però Calizza ha fatto un passo avanti, e quello che lo interessa è indagare il mondo altro da sé, spesso in modo critico e pungente, ma senza mai perdere l’ottimismo. Ci racconta contesti generali, grandi raccoglitori in cui ognuno può inserire la propria storia, perchè, in fondo, tutte le storie hanno qualcosa in comune.
Gli scenari onirici diventano ora grandi, colossali nature morte, giocate sui toni del grigio, come congelate, che irrompono nel nostro campo visivo con prepotenza. Il messaggio da mandare è urgente, troppo forte è l’esigenza di raccontarcelo.
È la bellezza ad essere continuamente violata, divorata giorno dopo giorno ad un banchetto amaro, in un baccanale macabro in cui i banchettanti sono sempre gli stessi e il cibo di cui si nutrono è “carne fresca”, sono i valori, le idee, l’entusiasmo, la linfa vitale di chi ha qualcosa da dire. Ma Calizza non guarda a questo scempio con disincanto e rassegnazione, non è nel suo stile, vuole piuttosto darci uno schiaffo, sollecitare una reazione, spingerci a ritrovare noi stessi come individui e come comunità, a ritrovare la bellezza e a farla, infine, trionfare.
Di Caterina Modesti